PREFAZIONE

Auschwitz, maggio 1944: sulla lunga banchina affiancata alle porte dei forni crematori, affollata di migliaia di ebrei appena arrivati dall’Ungheria, un militare osserva due bambine vestite di un identico abitino rosso, strette alle mani della madre. «Sono gemelle?» chiede. Avuta la risposta affermativa, le trascina via. Eva si salva così dalla camera a gas, destinata, con Miriam, a diventare una
cavia umana nel laboratorio dove Josef Mengele compie i suoi esperimenti genetici. Ha dieci anni e molta paura. Per sei mesi, insieme ad altre coppie di gemelli, subisce test, trasfusioni, iniezioni di virus e medicinali.
Vede i suoi compagni morire a seguito di operazioni e amputazioni. Ma è determinata a tornare a casa e riesce, insieme alla sorella, a
sopravvivere fino all’arrivo degli Alleati. A sedici anni è in Israele, a ventisei negli Stati Uniti: gli incubi notturni sono scomparsi, ma non l’odio per gli aguzzini, la costante sensazione di essere indifesa e impotente, la sofferenza causata dai ricordi,
che vengono sepolti in un angolo della memoria. Finché l’incontro con un ex nazista fa riemergere il dolore, ma mostra a Eva una nuova strada, il perdono, che libera dal peso del passato non i carnefici, come si crede, ma le vittime, rendendo loro il potere sulla propria vita.
L’odio la incatenava agli abusi subiti, il perdono le permette di andare avanti, senza dimenticare quel che è stato. Di guardare quella bambina fotografata dietro il filo spinato del campo di sterminio senza essere sopraffatta dall’angoscia.
Di ottenere che due criminali ammettano pubblicamente le proprie colpe. Da una struggente storia di persecuzione e di coraggio, un’intensa lezione spirituale che ha avuto risonanza in tutto il mondo.

RECENSIONE

“Non rinunciate mai a voi e ai vostri sogni, perché nella vita è possibile realizzare ogni cosa buona. Giudicate le persone dalle loro
azioni e dalla natura del loro carattere.
Perdonate il vostro peggiore nemico e chiunque vi abbia fatto soffrire: questo guarirà la vostra anima e vi renderà liberi.”
Con queste parole Eva Mozes Kor saluta i suoi lettori alla fine del libro. Ciò che viene restituito con una forza straordinaria è la
consapevolezza che il Perdono rende liberi. Eva sopravvive all’orrore di Auschwitz e riesce a trasformare quel passato che non potrà mai essere dimenticato nella leva per poter vivere meglio possibile il suo futuro.
Nel suo racconto definisce “un’illuminazione” l’idea di perdonare Munch ; diventa consapevole di possedere il potere di perdonare.
“ Il perdono era in mio potere e potevo servirmene come volevo.” Questo è il momento che viene descritto come un passaggio fondamentale nel processo di guarigione: da vittima che reagiva ad una situazione di sofferenza subita a protagonista nell’azione di decisione e
controllo della propria esistenza. Questo percorso , ci dice la Kor, è una pratica che dura tutta la vita, che richiede un allenamento continuo. Molti sono i passaggi significativi nel testo ma concludo con il seguente: “Io la perdono, non perché lo meriti, ma perché io e ogni essere umano che lei ha maltrattato in passato merita di essere libero”.