Jonathan Sacks, Non nel nome di Dio, Ed. Giuntina – 2017

Il rabbino J. Sacks è una figura religiosa riconosciuta a livello mondiale ( Londra ,  8 marzo   1948 ) è un  rabbino   britannico , considerato la massima autorità spirituale e morale  ebraica ortodossa in  Gran Bretagna , col titolo di Chief Rabbi of Great Britain and the Commonwealth of Nations (" Rabbino capo  della  Gran Bretagna e del  Commonwealth delle nazioni ") dalla sua nomina nel  1991  fino alla conclusione del suo mandato nel  2013 .
L’autore analizza la relazione tra religione e violenza, partendo dall’identità di gruppo che spesso sente la necessità di individuare un nemico: il capro espiatorio è il meccanismo con cui una società allontana da sé la violenza focalizzandola su una vittima esterna.
Nella Storia, una delle prime fonti di violenza non è tra padre e figlio ma tra fratelli, il mito e la tradizione religiosa sono pieni di questi racconti, la rivalità fraterna è un motivo centrale del libro della Genesi.
Sacks rilegge le storie di Caino e Abele, Isacco e Ismaele, Giacobbe ed Esaù, Rachele e Lea, Giuseppe e i suoi fratelli, considerando la Genesi, un libro su più livelli, dove la chiave di interpretazione è la nostra relazione con Dio e con l’Altro umano. E’ come se attraverso queste storie la Genesi ci portasse ad un epilogo dove i fratelli imparano cosa vuol dire risolvere un conflitto, riconciliarsi, darsi spazio reciproco e perdonare. Solo a questo punto può nascere il libro dell’Esodo: quando le famiglie possono vivere in pace, può nascere un popolo.
Al centro del sistema di valori della Bibbia c’è la nozione che le culture, come gli individui, sono giudicate in base alla loro disponibilità di allargare l’attenzione, la cura, al di là del confine della famiglia, della tribù, dell’etnia, della nazione.
Siamo di fronte a delle contro – narrazioni che spiazzano le interpretazioni tradizionali, che rovesciano il racconto in superficie e presentano un’immagine più generosa, con più sfumature della solidarietà divina e umana.
La rivalità fraterna viene sconfitta nel momento in cui scopriamo che siamo amati da Dio per ciò che noi siamo, ognuno ha la sua personale benedizione. I fratelli non hanno bisogno di essere in conflitto, la rivalità fraterna non è un destino ma un tragico errore, è per la nostra unicità che siamo amati.
Il grande insegnamento è che per guarire dalla violenza potenziale verso l’Altro devo essere capace di immaginarmi come l’Altro.

In Genesi ci sono quattro storie importanti:
Al termine della prima, Abele è morto e Caino porta con sé il marchio dell’assassino.
Al termine della seconda, Isacco e Ismaele si ritrovano sulla tomba del padre.
Al termine della terza, Giacobbe ed Esaù si incontrano dopo anni, si abbracciano e prendono strade diverse.
Al termine della quarta, Giuseppe e i fratelli elaborano un processo di perdono e riconciliazione.

Nella quinta storia in Esodo, non c’è rivalità ma l’amore di tre fratelli: Mosè, Aronne e Miriam che insieme daranno vita al futuro di liberazione dall’Egitto.

Mosè insegna al suo popolo a “Non odiare l’Egiziano, perché fosti straniero nella sua terra.” (Dt.23,7) perché per essere liberi, dobbiamo liberarci dell’odio, se i figli di Israele avessero continuato a odiare i loro nemici di un tempo, Mosè sarebbe riuscito a portarli fuori dall’Egitto, ma non sarebbe riuscito a portare l’Egitto fuori da loro. Sarebbero rimasti in catene, non quelle di metallo ma quelle della mente.
Mosè insegna al suo popolo che deve vivere con il passato ma non nel passato ma anche che prima deve costruirsi un futuro, solo dopo può rivisitare il passato senza esserne prigioniero.
Nell’Esodo e nel Deuteronomio il ricordo diventa forza morale: un modo per vincere l’odio ricordando cosa significa essere stato una vittima.

Il libro è straordinario, scritto in modo semplice, il contenuto è di una profondità tale che merita di essere meditato e riletto più volte; è un richiamo accorato per tutti coloro che uccidono nel nome del Dio della vita, fanno la guerra nel nome del Dio della pace, praticano la crudeltà nel nome del Dio della compassione.